venerdì 30 dicembre 2011

Sono tra noi e moriremo tutti

Spulciavo le statistiche di questo blog e ho scoperto che c'è solo una cosa che batte facebook in quanto a mole dell'origine del traffico (presumo esista un modo migliore di esprimere questo concetto, ma tant'è). Il sito è questo e NON cliccateci sopra. Non che sia poi così pericoloso, è che il video in fondo vi vien proprio voglia di vederlo finire e ci perdete una mezzora buona, più 6 minuti per scriverci un post sul vostro blog.
Praticamente, in un clima di profonda cospirazione, sto sconosciuto programmatore si vuole vendicare della gente che ci vogliono tenere poveri e allora ha sviluppato un software (che non ti vuole vendere, ma regalare, per vendetta) che si connette a un dark internet, detto anche underground internet. Da lì, con tutto un giro strano che in qualche modo riguarda i cellulari, ma non l'ho seguito perché mentre parla di sto software ultrasegreto stavo ridendo perché il software ultrasegreto ha già una confezione con copertina, ti fa fare un mucchio di soldi senza che tu faccia nulla.

Ed è vero, ha pure dei grafici che lo dimostrano.

Poi a una certa ti dice pure che non serve installarlo, che tanto farebbe tutto lui dal suo server, custodito probabilmente nel suo anonimo appartamento a San Diego con sua moglie e i suoi 3 bellissimi figli, un server che non esita a definire bulletproof. E ti dice pure che, guarda che culo, sei stato fortunato perché la pagina in cui sei o ci vai ora o non ci vai più, non la ritroverai mai, un po' come l'isola di Lost (o un qualunque posto a San Fruttuoso).

Per questo regalo che vuole farti vuole 50 dollari e la tua mail, ma in fondo puoi fare anche 1000 dollari al giorno e si parla della tua libertà, dal denaro, che ne hai un mucchio ormai e sei libero.

La tristezza è che probabilmente quello che scarichi è un liberissimo .exe.

Lo sconforto viene nello scoprire che in quella pagina ci puoi tornare tranquillamente.

Però è bello sapere che uno così figo mi legge.


piesse. Approposito di libertà, mi è attualmente impossibile pubblicare da Chromium su questo blog dando una struttura coerente al testo. Su Firefox invece pare che un senso lo si possa trovare. Idee?

giovedì 29 dicembre 2011

Da piccolo ero un bambino tutto speciale

Trovo esistano due difficoltà pressoché insormontabili che si devono affrontare, quasi sempre perdendo data la loro pressochinsormontabilità, nel momento in cui si prova a mettere per iscritto un racconto, una narrazione, un pensiero.

La cosa senza dubbio più difficile è dare i nomi ai vari personaggi. Non ho fantasia per i nomi, non ne ho mai avuta, sarà dovuto al fatto che non so mai il nome di quasi nessuno, il più delle volte. Per ovviare a questa mancanza di fantasia, i personaggi io li numero, che magari poi, per motivi altri, il loro nome mi sembrerà evidente.
La controindicazione è che poi ci si ritrova con situazioni in cui 1 dice a 6 che 4 ha ucciso 38 e nessuno dei due sa come dirlo a 115, che è il figlio di 38 e 922. O cose simili, per decine di pagine, a mano.
Ecco credo che il fatto che poi il racconto abbia comunque senso per me denoti un qualche disturbo mentale. Non ai livelli di quando davo i numeri alle parole, che per altro non faccio più dacché la rai, ad una certa ora, faceva finire le trasmissioni con un disco colorato e un suono costante ed ipnotico (che no, non cambiava se stavate a guardarlo per 3 ore, magari alla quarta ora si, però non saprei), però credo che in qualche modo questa storia, quella dei personaggi numerati dico, sia in qualche modo collegata con quell'altra. La cosa poi divertente è inserire volutamente qualche errore qua e là, sostituendo in punti casuali i ruoli dei vari personaggi e ingegnarsi per tenere in piedi la trama. Così, male che vada, se decidono di fare la settima stagione di Lost sei prontissimo a scriverne la sceneggiatura.

L'altra cosa è ben più superabile ed è un po' il filo conduttore di ognuna di queste pagine virtuali: la banalità. Ritengo particolarmente difficile, se non impossibile evitare di dire delle spaventose banalità. Se non altro perché, spesso, si mettono per iscritto pensieri oramai consolidati e quando li scrivo non mi pare abbiano più tutta sta originalità. E dunque niente, ci si riduce al compromesso con se stessi di cercare di dare ad ogni momento la banalità che più si merita.

Pensieri profondi, quelli di 18.

lunedì 26 dicembre 2011

Di natale, progetti e altre cose di cui potrei fare a meno di scrivere

Mi è stato fatto notare recentemente che non scrivo da una vita. O meglio, non scrivo qualcosa che non riguardi Libera da una vita. Nel mentre ci son state un mucchio di novità, la più importante è che questo blog è passato sotto il giogo del diavolo google. Poi è pure cambiato il governo, ma non mi piace parlare di quello che la gente si dicono al bar. Dicevo, Splinder ha deciso di chiudere i battenti e dunque son migrato a blogspot, so che non ve ne eravate accorti e so anche che senza questa informazione avreste mal dormito, incompleti, nell'ignoranza. Nella migrazione si son perse delle cose, un paio di post a cui ero affezionato e che magari vi rimetto, un po' di accenti la cui assenza mi crea più dolore fisico delle mie ultime due relazioni con il gentil sesso, una generale formattazione del testo che lascerò approssimativa così com'è per ricordarmi che avere i soldi non è sinonimo di far le cose bene. E questo metodo sicuramente mi costa molto meno di un prodotto apple qualunque. L'altra cosa che dicevo, sebbene non mi piaccia parlare dei fatti miei come saprete, è che non ho scritto per un po' perché mi stavo dedicando alla stesura di un mio racconto breve, che non so se vedrà mai la luce di un monitor, ma che magari per questo nuovo anno potrebbe comparire a pezzi (non necessariamente ordinati) su queste pagine virtuali. Se volete un'anticipazione, la prima parola che non sia un monosillabo è "circoncisione". Non so esattamente cosa un lettore (e la scelta del numero non è casuale) si possa aspettare da un post di natale. Probabilmente sarebbe bello parlare di come percepisco io il natale, perché chiaramente ognuno lo percepisce a modo suo. Per esempio potrei dire che, essendo ateo, il natale per me è quella festività che mi ruba la scena in cui la quasi totalità delle persone, che, si sa, sono una manica di stronzi, ha il dovere (ben differente dal piacere) di essere più buona, fare regali e adorare un essere onnipotente che non solo non ascoltano, ma che pensano di fottere adorandolo una volta l'anno. O poco più. Per me natale significa potersi ritrovare in famiglia e pensare che sarebbe bello se quel metaforico abbraccio culinario potesse riproporsi più spesso. Ma più di tutto il natale mi ricorda la capacità che abbiamo di per lo meno fingere di poter vedere il mondo come un bimbo. Finzione della gioia o, per i più fortunati, gioia vera, genuina, poetica. Mi sarebbe parecchio piaciuto poter scrivere poesie ma, come notate dalle virtuali pagine che illuminano le vostre sfaccendate mezzore, sono più tipo da prosa. Sebbene, come notate da questa virtuale pagina che illumina la vostra più sfaccendata mezzora, non è che mi riesca poi così bene. Però mi piace pensare che lo spirito natalizio, oltre a quella finzione che arriva in taluni casi ad essere doverosa, riesca a rimanere dentro le persone, che in qualche modo possano viverci tutto un anno, di quella poesia. Mi piace pensare che il logorio della vita dell'uomo moderno, stronzo, distaccato, mai sognatore, non possa mai intaccare quella poesia. Nel mio ideale di mondo le persone vivono scrivendo poesie. Le poesie si scrivono in tanti modi, le più belle senza ricorrere a simboli convenzionali nel colore opposto a quello dello sfondo. Mi diranno che non si mangia con la poesia. Ma si sbaglieranno, aridi fino al midollo. Esiste un modo molto semplice di campare scrivendo poesie. Leggendole. Ebbene, nella letterina a babbo natale metterei il desiderio che le persone possano vedere la poesia che c'è in quello che fanno. E ci metterei pure la speranza di non essere una persona buona solo a natale. Speranza che mi viene giusto in queste ultime righe, scritte nel momento in cui il natale è finito. Insomma buon natale, che, con la giusta poesia, può essere tutto l'anno. E gnente, che lo sia.

lunedì 10 ottobre 2011

Da Nord a Sud

Quelle che vedete sono due foto che ho scattato nella mia vita (ok, non sono mie, ma non riesco a caricare le mie su sto dannato blog). Le ho scattate in due luoghi molto diversi, entrambe da un pulman che passava sull'autostrada e racchiudono due storie molto diverse. La prima viene da Capaci, si nota questa piccola casetta che sovrasta l'autostrada per andare all'aeroporto Falcone e Borsellino. Da questa casetta bianca il mafioso Brusca fece partire il comando per far saltare in aria l'autostrada, uccidendo. Il 23 maggio 1992, morì il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e 4 uomini della scorta. Su quella casetta ora c'è quella scritta, una scritta che viene da un popolo oppresso che lotta.


La seconda foto viene dalla Val di Susa, in Piemonte, dove un gruppo di abitanti locali si sta opponendo da anni alla costruzione dell'alta velocità, ritenuta inutile e i cui appalti lasciano non pochi dubbi sulla loro regolarità.
Due scritte forti, nella loro diversità storica, che ripercorrono da nord a sud quella che è la reazione al fenomeno mafioso.

Perché si, la mafia anche qua al nord ha smesso di infiltrarsi, ne è ormai ben radicata. E di questo si è parlato nella due giorni di incontri che Libera ha organizzato in quel di Torino, uno dei cuori industriali del nord. Due giorni per analizzare un fenomeno, quello della mafia al nord, ma anche questa illegalità diffusa che tutto pervade, in cui sono riaffiorati personaggi e fatti che è bene portarsi sempre dietro. Un grido, quello che viene dai relatori di questi incontri, che porta un messaggio di profonda emergenza, in cui il problema viene identificato, da Don Ciotti, come un problema di illegalità forte perché la politica è debole ed autoreferenziata, in cui bisogna ricordarsi che la democrazia si fonda su due doni: giustizia e dignità. Un'analisi che conduce l'assemblea a ragionare sul fatto che la vera forza delle mafie sta fuori dalle mafie, sta nell'omertà, nella delega sempre e comunque quando c'è qualcosa da fare, sul fatto che le radici del crimine sono nei vuoti sociali e nelle disuguaglianze e sul fatto che si è perso di vista il concetto che la speranza se non è di tutti, non è speranza.
E in questo il nostro nord, il nord del governo del fare, quel governo che ha combattuto la mafia più di tutti, è rimasto indietro di decenni rispetto al sud. È rimasto indietro nella mentalità, intanto che vendeva la sua anima alle mafie e alla loro garanzia di prezzi più bassi, burocrazie più snelle, tanto qualche regolina si riesce sempre ad aggirare e se si va in perdita c'è sempre una mole di denaro spaventosa proveniente dal traffico di droga (si parlava del 3% del pil italiano). Una mentalità che continua, dopo decenni di esempi lampanti del radicamento delle mafie in appalti pubblici, appalti privati, ristorazione, servizi al cittadino, grandi opere, a negare, come negli anni 70 palermitani, che la mafia esista. Qui la mafia non esiste, i cantieri bruciano per vandalismo o autocombustione, i sindacalisti vengono pestati o uccisi dalle baby gang, ma secondo me si picchiano e uccidono da soli, via Palestro a Milano non è a Milano, i commercianti non pagano il pizzo, fanno donazioni. Questo si fa, si finge che tutto vada bene, che siano pochi episodi isolati, anche se si fanno centinaia di arresti tutti insieme, passa, scivola via perché, per citare l'ex sindaco Moratti, "qua a Milano non le facciamo mica quelle cose lì". E intanto si espande, questa melma malavitosa, dall'arcipelago di paesini che ricoprono ogni centimetro di territorio, scoraggiando la concorrenza e offrendo prezzi bassi, perché non gli importa certo di andare in perdita, l'importante è reciclare i soldi che gli abbiamo dato noi, gente del nord, per la loro droga. Li paghiamo due volte. Ma no, non sono mica mafiosi. Però ecco, appena la magistratura inizia a funzionare salta fuori di tutto, ce lo ha spiegato molto bene la vice sindaco del comune di Desio, sciolto un anno fa per infiltrazioni mafiose, che in una toccante testimonianza ha riportato la sua costante attenzione verso il territorio, in cui ha imparato che se c'erano i teli verdi sulle reti dentro c'era un abuso edilizio o una discarcia abusiva di rifiuti tossici, che nessuna società sana si può permettere di continuare a costruire case (poi risultate non sicure e dunque in futuro abbattute) senza affittarle o venderle, ma lasciandole sempre vuote. A Ottobre 2011 ci sono 1392 beni confiscati nel 2011 al nord. E intanto la popolazione sta zitta, perché se un cantiere è aperto da 10 anni e non ci lavora mai nessuno il problema sono i 20 minuti di coda, non che qualcuno di poco limpido ci sta lucrando sopra.

Il tutto era contornato, a Torino dico, da un attento occhio verso il nuovo codice antimafia di Alfano, che a detta di tutti i professionisti del settore fa compiere significativi passi indietro nella lotta alla mafia. Non ho le competenze per esporvi i motivi di questa affermazione, ma vi raccomanderei di documentarvi su alcuni punti: beni confiscati, intercettazioni e prescrizione. Perché si è stufi di un governo che si vanta di essere il migliore di sempre nella lotta alla mafia, ma salva il Ministro Romano, fa condoni, scudi fiscali, non si occupa del problema della corruzione, dell'evasione fiscale, tutti canali di illegalità in cui poi fluiscono anche le acque mafiose. Un governo che con le sue leggi ha mandato chiari messaggi alla mafia, che infatti si continua ad espandere. Perché, come dice il figlio di Pio La Torre (primo firmatario della prima legge antimafia, nel 1982, in cui mafia diventa una definizione giuridica, ucciso pochi mesi prima della discussione parlamentare) "Se la politica non si occupa di mafia, va a finire che la mafia si occupa di politica".

Quindi si, la situazione, anche e soprattutto qui al nord, è tragica, perché a furia di prendere con sorrisi e simpatia una tendenza di noi italiani a scavalcare le regole ci siamo dimenticati a cosa servono le regole, che costo enorme paghiamo tutti i giorni per scavalcare queste regole. Ed è bello che Libera dia un, purtroppo, piccolo esempio di movimento civile per la legalità, per riscattare l'infamia che, non paghi di gettarcela addosso, esportiamo in tutto il mondo.

P.S. Si, ho preferito non parlare dell'emozione, molto bella e genuina, di rivedere i miei compagni di lavoro nel campo di Polistena perché se no son troppo un sentimentale del cazzo.

lunedì 4 luglio 2011

Fascismi e sterilità. Ma, se preferite, sterilizziamo i fascisti

Mi ci son trovato a discutere ripetutamente in questi giorni e dunque provo a mettere giù un paio di righe.

L'evento scatenante sono le discussioni, a qualunque livello, di quanto sta accadendo in Val Susa. Non entrerò nel merito, non ne ho le competenze, ma credo che lo sviluppo, il progresso, la civiltà di uno Stato si misuri anche su quella che è la gestione di emergenze simili, dallo strumento repressivo al mero commento politico, al ridondante commento sul commento politico, alla prevedibile smentita del commento politico e, infine, alla succube smentita del commento sul commento politico.

Non perdiamo ulteriore tempo su discorsi su inciviltà, violenza da condannare, i soliti4stronzichevoglionosolofarecasinoeprendersilebotte e tutte quelle profonde espressioni che ognuno di noi ha ben imparato dai talk show di approfondimento politico. Esprimo la mia preoccupazione sul fatto che la contestazione, appena esce dal seminato perbenista, che quasi sempre percorro con orgoglio, viene catalogata come fascista.

È fascista chi imbratta, è fascista chi fischia a un comizio, è fascista chi lancia delle uova verso il suo rappresentante sindacale che si è venduto. Se si viene fischiati, un'intera classe politica esprime solidarietà verso il povero presidente del senato di turno che si è beccato i fischi. Si è perso il senso della misura, i fascisti, per come li si è studiati, per come i genitori li ricordano, per come li si è visti anche in tempi recenti, sono altri. Ed è fondamentale tenere separati i due piani. Perché si, le parole sono importanti. Il tutto senza mai, dico mai, esporre una riflessione sul perché nasca una qualunque contestazione che vada, pensa un po', fuori dal seminato perbenista che quasi tutti, me compreso, percorrono solitamente.

Poi c'è una brevissima riflessione grillina (che poi è la parte sterilizzante del post), intesa come su grillo, non da grillo, sebbene il qualunquismo mi rifiuti di lasciarglielo in esclusiva. Parlerò solo di quello che ho visto: corteo immenso con tre generazione di valsusini (e valsusine per la regolarità valintestinale, sono stanco), arriva grillo a far il suo comizietto tritro e ritrito e in mezzo al pacifismo della mattinata da ai manifestanti degli eroi; nel pomeriggio parte la guerriglia che abbiam intravisto e tutti giù ad attaccar grillo che oggi ha dovuto giustificarsi così che bersani con faccia grave accettasse la precisazione e, da gran uomo politico, desse lui delle indicazioni su come si comunica in questi casi. Questo giusto per evidenziare, con amarezza, quanto sia sterile il dibattito politico su un tema che riguarda il benessere di una nazione, sia per l'impatto ambientale sia per un costo non irrilevante in un ottica di un'opera che per lo meno qualche interrogativo lo solleva.

Insomma, il messaggio conclusivo è che voglio poterti sputare in faccia e non prendermi del fascista.

sabato 26 marzo 2011

Sulla delusione che può dar una banalità dopo un lungo silenzio

Pagine virtuali trascurate queste, per troppo tempo forse. Ora so, miei accaniti lettori, che le vostre crisi d'astinenza vi han portato ad assunzione di alcolici, sesso non protetto, consumo occasionale di droghe. Ebbene a violentare il buio silenzio del vostro spirito abbandonato con un bianco nulla lucente ci sono queste righe, poche o tante ancora, come sempre, non lo so.

Un'assenza, la mia, di cui voglio parlarvi per rompere il ghiaccio della nostra separazione. Il fatto è che per mesi, semplicemente, c'è stato troppo di cui parlare, processi, guerre, apocalissi nipponiche. E dunque niente, semplicemente ero smanioso, lo sono ancora, un'interferenza distruttiva di troppi pensieri. E quindi nulla, scegliere un argomento di attualità mi è tutt'ora impossibile, pertanto parlerò di quelli che io chiamo in codice icazzimiei.

L'altro giorno, tipo 4 mesi fa, tornavo a casa a piedi, incamminato verso la terra che nessuno mi aveva promesso, che mi ascoltavo la mia musica. Là fuori se ne stava addormentata su ogni cosa, la nebbia. Quando fumo la musica rallenta, come se ogni istante si consumasse dentro se stesso, terminandosi in ogni minuto ma senza terminare mai di terminarsi. Che poi mica li capisco io i fan delle droghe pesanti, che gli si accelera tutto, rendendo impossibile godersi le cose importanti della vita. Fumare uccide, ma lentamente, una capriola di fumo dopo l'altra. E, in un impeto di profondità spicciola degna del miglior Fabio Volo, visto come sono andate a finire le vite di tutti quelli prima di noi, posso assumere che lo scopo della vita sia la morte, dunque perché aver fretta.

Non drogatevi.

Picchiate i vostri figli illegittimi piuttosto.

Oppure drogatevi, se questo può aiutarvi a non scrivere una brutta canzone. Ve lo dico con profonda consapevolezza, che sono come Syd Barrett, ma senza il talento, che se dovessi far parte di un gruppo farei parte di Simon & Garfunkel, nel prestigioso ruolo della ecommerciale. Non scrivete brutte canzoni, nessuno può sopportare di associare ad un ricordo una brutta canzone. Ehi ma un bel ricordo o un brutto ricordo? Direte voi con accorata curiosità. Ottima domanda bambini, avete vinto dell'erba che vi garantirà delle canzoni per lo meno più lunghe. Per rispondere al vostro pretestuoso interrogativo, penso che le persone spesso siano tristi perché non hanno nessun ricordo, bello o brutto che sia, da associare una bella canzone.

Questo non avrà risposto al vostro dubbio esistenziale, ma conto che l'erba vi abbia distratto.

Il che mi fa venire in mente la volta che mi hanno minacciato di morte al telefono.

Riattaccai prima che finissero la frase, così da non aver nulla da temere.

Vi lascio così, senza darvi né denaro né amore, e solo qualche volta piacere. Italian style.