giovedì 29 dicembre 2011

Da piccolo ero un bambino tutto speciale

Trovo esistano due difficoltà pressoché insormontabili che si devono affrontare, quasi sempre perdendo data la loro pressochinsormontabilità, nel momento in cui si prova a mettere per iscritto un racconto, una narrazione, un pensiero.

La cosa senza dubbio più difficile è dare i nomi ai vari personaggi. Non ho fantasia per i nomi, non ne ho mai avuta, sarà dovuto al fatto che non so mai il nome di quasi nessuno, il più delle volte. Per ovviare a questa mancanza di fantasia, i personaggi io li numero, che magari poi, per motivi altri, il loro nome mi sembrerà evidente.
La controindicazione è che poi ci si ritrova con situazioni in cui 1 dice a 6 che 4 ha ucciso 38 e nessuno dei due sa come dirlo a 115, che è il figlio di 38 e 922. O cose simili, per decine di pagine, a mano.
Ecco credo che il fatto che poi il racconto abbia comunque senso per me denoti un qualche disturbo mentale. Non ai livelli di quando davo i numeri alle parole, che per altro non faccio più dacché la rai, ad una certa ora, faceva finire le trasmissioni con un disco colorato e un suono costante ed ipnotico (che no, non cambiava se stavate a guardarlo per 3 ore, magari alla quarta ora si, però non saprei), però credo che in qualche modo questa storia, quella dei personaggi numerati dico, sia in qualche modo collegata con quell'altra. La cosa poi divertente è inserire volutamente qualche errore qua e là, sostituendo in punti casuali i ruoli dei vari personaggi e ingegnarsi per tenere in piedi la trama. Così, male che vada, se decidono di fare la settima stagione di Lost sei prontissimo a scriverne la sceneggiatura.

L'altra cosa è ben più superabile ed è un po' il filo conduttore di ognuna di queste pagine virtuali: la banalità. Ritengo particolarmente difficile, se non impossibile evitare di dire delle spaventose banalità. Se non altro perché, spesso, si mettono per iscritto pensieri oramai consolidati e quando li scrivo non mi pare abbiano più tutta sta originalità. E dunque niente, ci si riduce al compromesso con se stessi di cercare di dare ad ogni momento la banalità che più si merita.

Pensieri profondi, quelli di 18.

3 commenti:

  1. Hai provato a tirare un numero casuale tra due estremi ragionevoli, e cercare un nome che abbia lo stesso valore? Assumo che non ci sia un background definito, perché altrimenti potrei suggerirti che spesso i nomi derivano dal contesto.
    È un po' una banalità. ^^

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  2. Eh no, primo perché il procedimento da numero a nome non è univoco, secondopoi perché in questo caso 1 è il personaggio che compare per primo, non mi pare il caso di chiamarlo A.

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  3. Perché no? Molto ottocentesco. "Il signor A. aprì la porta quel giorno, incontrando come di consueto la signorina B."
    Così non fai un torto a nessuno!

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