domenica 18 marzo 2012

Di Genova, Libera, Tav e lacrime.

Ieri ero a Genova a manifestare. 10 anni e mezzo fa probabilmente non avrei potuto scriverlo perché avrei avuto le dita rotte, ma oggi posso. Posso perché ieri ero a Genova per manifestare insieme a migliaia di altri bambini, vecchi, ragazzi, meno ragazzi, tutti avvolti nell'orgia colorata delle bandiere di Libera.
Ieri era il giorno scelto per la manifestazione in occasione della giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie. È la diciassettesima volta che si celebra, questa volta la scelta è caduta su Genova, capoluogo di una regione che, anche lei quanto le sue confinanti e non, si sta facendo masticare dal cemento mafioso e dai loro rifiuti. La data vera è in realtà il 21 marzo, il primo giorno di primavera, ma si sceglie sempre di manifestare nel sabato più vicino e dunque si è finiti il 17, che l'anno scorso ci insegna essere il giorno in cui si festeggia l'unità d'Italia. Tuttavia mi piace pensare che questa volta un caso non sia, perché questa volta si era in 100 mila, un unico grande grido che chiede giustizia, legalità, uguaglianza, libertà. Un unico grande grido che chiede una legge sulla corruzione tra privati, che chiede di rendere il 21 marzo festa nazionale e che fa tutto ciò attraverso il ricordo di 151 anni di mafia su questo territorio, l'Italia tutta, non la Liguria soltanto, dico. Un ricordo che può e deve farsi impegno, come viene detto dal palco, un impegno vero, non fatto di parole poi svuotate dai fatti cui siamo messi ormai quotidianamente davanti, un risveglio civile nell'animo delle persone per reagire ad un'onda silenziosa e spesso impalpabile quale è la mafia.

Il corteo l'ho percorso quasi tutto, non ho completato l'opera perché era sterminato, perché venivo da ennemila ore di veglia (di cui magari vi parlo un altro giorno) e perché quando decisi di provare a tornare indietro mi han detto che la coda del corteo non era ancora partita, mentre noi eravamo quasi arrivati. Piazza della Vittoria stava per scoppiare quando sono arrivato, non riuscivo a capire dove finisse la piazza, c'erano anche i NoTav, oramai onnipresenti, tutti giovani liceali (per inquadrarli anagraficamente), allegri, con la loro musica, le loro bandiere e i loro slogan. Anche loro lottano contro la mafia, sul loro territorio e probabilmente li si trova in ogni manifestazione proprio perché hanno bisogno di essere ascoltati anche, e soprattutto direi, quando nessuno tira sassi o blocca autostrade (che è poi la stragrande maggioranza dei casi). Da dove si erano messi credo che chiudessero il corteo, ma li persi di vista poco dopo, trascinato dalle bandiere giallerosaarancioni dei vari coordinamenti e presidi provenienti da ogni angolo d'Italia, uniti da Libera. Mentre risalgo trovo intere classi di bambini che avevano preparato i loro cartelloni, il loro approfondimento su una delle oltre 900 vittime innoncenti riconosciute come vittime di mafia, trovo giovani scout, probabilmente reduci come me da uno dei campi di lavoro su qualche bene confiscato che Libera organizza in estate, trovo famiglie i cui bimbi sono avvolti nelle bandiere di Libera per proteggersi da un fresco poco primaverile, trovo bandiere della pace, trovo striscioni dei vari presidi. Questo è di Milano, poco più in là trovo Pisa, i ragazzi di Polistena non li vedo ma so che ci sono, con me nello stesso corteo, ecco laggiù il presidio di Reggio Emilia e da come parlano i ragazzi accanto a loro devono essere pugliesi. Era un'Italia schiacciata dentro Genova, come lo eravamo noi al campo di Polistena, che ancora una volta abbiam colto l'occasione per rivederci, scambiare qualche risata, abbracciarci e poi di nuovo sparpagliarci per tutta la penisola.

Ad un certo punto ritrovo il movimento No-Tav, hanno appeso qualche striscione, uno mi fa storcere un po' il naso "La vostra legalità ha quasi ucciso Luca Abba". Ora, i No-Tav nella loro lotta hanno ragione da vendere (almeno finché qualcuno dei SiTav dopo anni e anni che glielo si chiede non porti argomentazioni logiche e coerenti) e non mi dilungherò né su quanto abbiano ragione né su quanto mi sia dispiaciuto per Luca Abba e per quanto gli è successo in quanto sono cose che non dovrebbero mai accadere. Tuttavia alla base di ogni traliccio dell'alta tensione c'è scritto "Pericolo di Morte", non "pericolo di morte se ti inseguono i rocciatori" e dunque uno che ci sale sa che incontrerà qualche legge che proverà ad ucciderlo. Quelle dell'elettromagnetismo, datate 1873, di cui un po' tutti dovrebbero sentire parlare. Oh beh, mi son dilungato su uno striscione quando in realtà volevo giusto dire che era bello sapere Caselli e i No-Tav nello stesso corteo, per la stessa causa.

Si arriva dunque di fianco all'acquario, il corteo finirà lì, sotto ad un palco. Salgono i famigliari delle vittime che siamo lì a ricordare. Comincia un elenco, angosciante, un nome dopo l'altro, un brivido freddo dopo l'altro. Una chitarra acustica arpeggia qualche nota, poi parte qualche timido violino. E i nomi si susseguono, a gruppi di 10, non di più, spesso hanno anche tutti lo stesso cognome. Me ne sto a fissare il mare in quel momento che a guardare la folla non ce la faccio. Hanno tutti lo sguardo che spera che a nessuna delle persone sul palco si spezzi la voce dall'emozione mentre legge perché in quel momento nessuno avrebbe trattenuto le lacrime. Quindi guardavo il mare, ascoltavo i nomi, ne conoscevo pochi e come me anche molti altri, ad ogni gruppo di nomi partiva un applauso, commosso, di chi trattiene le lacrime. E guardavo il mare, ascoltavo i nomi e il rumore delle corde prodotto dalle navi che ondeggiavano. E pensavo "ti prego fa che non si spezzi loro la voce, non lo reggerei". Periodicamente arrivava anche il borbottio della nave della guardia costiera. Gli applausi partivano a ritmo regolare. Poi ad un certo punto mi giro e vedo passare Don Gallo, per lui l'applauso è molto localizzato e magnificamente anarchico. I nomi finiscono, l'applauso non finisce più. A nessuno dei famigliari, anche leggendo i nomi dei loro cari in quell'elenco di memoria e orrore, si è incrinata la voce, nemmeno per un secondo. E la piazza non piange, non che se ne vergogni, anzi, ma credo volesse seguire l'esempio della loro forza e ricordare quelle vittime con forza, non che le lacrime siano debolezza, ma non sarebbe stata la stessa forza di quei famigliari, ora un po' famigliari di tutti.

La giornata prosegue arrampicandosi per i vicoli di Genova, fino ad una piazzetta dove c'è un centro sociale o qualcosa del genere. Mangio con poco e guardo i bambini che giocano coi ragazzi di quel centro sociale. Penso che se c'è un paradiso sia Genova il posto da dove si prende la nave. Esce anche un sole a squarciare quelle nubi che ci hanno accompagnato tutta la mattina, la stanchezza mi ha regalato quelle risate come ultimo ricordo di una giornata splendida. Per il resto ricordo solo un gran bisogno di trovare un posto per dormire.

1 commento:

  1. Un post veramente bello, che finalmente ho letto! Genova dev'essere stata un'esperienza indimenticabile. La mafia è una di quelle cose che mettono tanta rabbia perché, mentre uno pensa si tratti di vecchi capi famiglia con la coppola e una lupara, poi si trova mezzo consiglio regionale di una rispettabilissima regione del nord italia in carcere! Oh, ogni riferimento a fatti e cose... beh, si è capito!
    Comunque belle parole, davvero. Mi hai fatto rimpiangere di essere rimasto a casa anziché marciare con voi in quella gloriosa città marinara.

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