venerdì 15 giugno 2012

La naturalezza non si brucia

Sono notizie degli ultimi dieci giorni, quelle riguardanti gli episodi di intimidazione e sabotaggio nei confronti delle cooperative e dei coordinamenti di Libera del centro e sud di questo italico stivale. Responsabili regionali minacciati e beni confiscati dati alle fiamme. Una mafia che alza il tiro in un contesto in cui l'italico stivale tutto si dedica ai giochi "trova il frocio in azzurro" e "scegli il biscotto migliore spagnolo-croato". Una mafia che, come sua viscida natura vuole, alza il tiro nell'ombra, nel silenzio, nell'indifferenza generale.

Cosa sentii dentro di me calpestando un po' di quella terra confiscata e restituita alla collettività, già ne scrissi e, anche se mi fa del gran piacere, non ne parlerò nuovamente. Ho cercato per giorni di immaginare cosa possono aver provato, questi valorosi lavoratori delle cooperative di Libera, nel trovare il loro lavoro di anni ridotto in cenere. Con coraggio hanno affrontato un ambiente ostile, si sono dedicati col loro sacrificio per rimettere in sesto un luogo di violenza (di violenza in quanto appartenuto a persone che usavano il possesso per ostentare il potere ed il potere per compiere violenza). Un luogo spesso distrutto nel momento in cui veniva notificata la confisca, perché il mafioso di turno doveva rendere chiaro che quella è cosa sua e nessuno poteva usarla. Un luogo distrutto che stava anche per decenni in stato di abbandono, imprigionato da burocrazia, ipoteche bancarie accese pochi giorni prima della confisca (sono circa metà i beni in questa condizione), piani di lottizzazione approvati da qualche parente o amico dell'amico nel consiglio comunale colluso, minacce più o meno velate verso chi dimostrava di voler metterci impegno. Hanno fatto sacrifici, per rimetterlo in sesto, ricostruire strutture, trovare mezzi, creare lavoro onesto in zone in cui il lavoro onesto non si trova, fino a produrre qualcosa, un vino, un olio, che finisse sulle nostre tavole a urlarci in faccia che cambiare si può, che sfidarli deve essere naturale e che ne esce del buono per sfidarli.

Hanno aspettato che il lavoro fosse completato, per bruciargli davanti agli occhi quanto siano stati inutili i loro sacrifici, per fargli il danno economico maggiore, per ricordarci, come se ce ne fosse bisogno, quanto sanno essere infami. A lasciare solo cenere e fumo nell'aria, come se non bastasse il fumo che esce dalla merda nei loro cuori ad infestare l'aria di tutti, quell'aria che vogliono che sia loro, quell'aria che loro ti concedono di respirare. E l'hanno fatto prima dell'estate, a rovinare il raccolto appena in tempo, a spaventare le migliaia di ragazzi che da tutta Italia si stanno organizzando per andare a fare del volontariato, come ogni anno, su questi beni, per esserne parte per qualche giorno.

La rabbia per un gesto infame, però, non è niente in confronto a quella che provo nel vedere l'indifferenza, la stupidità del girare la testa dall'altra parte. Perché siamo tutti bravi a celebrare gli anniversari tondi di qualche omicidio illustre, tutti incazzatissimi se usano il tritolo per cancellare qualche eroe dalla faccia della terra, tutti nelle piazze se (almeno da quanto sembrava in quelle ore) uccidono una ragazzina che va scuola, insomma, tutti in prima linea nella massa che reagisce, giustamente, ad un atto eclatante. Tutti ad applaudire magari a qualche incontro che Libera ti organizza sotto casa, quanto alla partecipazione attiva, beh, se ne parla un'altra volta, quanto al sostegno vero si vedrà. E siamo silenti, in alcuni casi financo complici, nel rapportarsi a quello che la mafia fa tutti i giorni, quello che la rende potente, il controllo capillare di alcuni territori, il traffico di droga, le violenze verso i deboli, il sabotaggio del mercato. Tutto quello che le da la sicurezza di poter fare quello che vogliono se c'è da alzare il tiro, le risorse per continuare nel momento in cui incorrono in errori. Il nostro silenzio emerge nel momento in cui, ad esempio, qualche magistrato scoperchia uno dei loro loschi traffici, traffici che magari son nel nostro paesello e dunque ci troviamo a dire Beh si, era evidente che erano mafiosi o Si sa che comandano loro. Se lo sapevi, allora, perché non hai fatto niente? Perché hai continuato ad andare in quel bar anche se sai benissimo che spacciano cocaina? Questa è l'indifferenza complice, questa è la mafia dentro ognuno di noi e questo è, per ora, il motivo per cui la mafia vincerà sempre. Si, moralizzo, perché alle volte basterebbe proprio poco per esser uomini e non solo persone. E quel poco non lo si fa, per pigrizia o avarizia, nemmeno per paura, ma per pigrizia o avarizia (o, una minoranza, per malafede).

Ho detto per ora, perché le cose stanno cambiando, a colpi di bottiglie di vino, uliveti, arance, sudore della fronte e rispetto delle regole. Sacrifici di sempre più persone che oggi continuano, ricominciano, ricostruiscono, perché quella è la loro vita: combattono la mafia sul loro territorio facendo quello che dovrebbe essere naturale, rimanendo liberi. Con la naturalezza si vincerà, alla fine, e la naturalezza non si brucia.

venerdì 1 giugno 2012

Di giornalismo, scienza e cialtroni

Comincerò il mese di giugno con il piglio giusto e dunque con il primo post del mese. L'idea mi è venuta ieri sera, tornando a casa tardi, dopo una lunga discussione in merito. L'ora tarda ha fatto si che questa mattinata non fosse adatta allo studio e dunque, in questo luogo di scienza, è di scienza che proverò a parlare, provando a mettere in ordine i discorsi di ieri. In particolare, come avrai capito, mio attento ed affezionatissimo lettore, mi voglio concentrare sull'approccio alla scienza che ha il giornalismo, avendo a disposizione come unico dato quello che avviene in Italia. In realtà coltivo la segreta speranza che questa cosa avvenga solo qui, per l'umanità tutta.

Se bisogna fare una prima considerazione, brutale e categorica come piace a noi, è che in Italia il giornalista medio che si occupa di scienza (una media da intendersi come il giornalista che generalmente raggiunge il grande pubblico) è un cialtrone di proporzioni bibliche. E mi limito a cialtrone solo perché non voglio procedere con l'ovvia rima che ne seguirebbe.
Ora, non sarei nemmanco in grado di dirvi qualche nome o cosa hanno studiato questi fini scaricatori di porto del rigore scientifico, più che altro perché mi impongo di non leggere mai l'autore di un articolo prima di averlo letto e se tale opera è una cagata pazzesca di certo non mi metto a fare le pulci allo sventurato di turno. Mi interessa di più cosa scrive una persona, non chi la scrive, anche agli idioti capita di scrivere cose sensate e queste virtuali pagine, in pochi, isolati ma grintosi, passaggi, sono una decisa dimostrazione di questo concetto. Se mi ricordassi chi è l'autore so già che difficilmente leggerei con il dovuto distacco ogni suo successivo lavoro.

Ci sono notevoli punti critici da affrontare per scrivere su un giornale non specialistico (dunque per un pubblico al più interessato, ma certamente non esperto). Una buona divulgazione scientifica richiede una comprensione della materia profonda quanto quella dello scienziato che ha effettuato, ad esempio, la ricerca di cui si vuole parlare perché solo così se ne può cogliere a fondo la bellezza, il messaggio. In caso contrario vorrebbe dire mettersi a ricamare intorno ad un piccolo frammento di frase sentito su una metropolitana.
Mentre si era sulla banchina ad attendere quella successiva.
Su un altro binario. 
Il secondo punto critico riguarda l'aspetto puramente comunicativo, ovvero: come spiego all'uomo della strada un concetto che mi ha impegnato anni di studi prima di capirlo a fondo? Perché a rendere rozzamente semplici le cose son buoni tutti, ma si deve comunque rimanere fedeli il più possibile al rigore scientifico che ci sta dietro. Questo per dire che i cialtroni che ho così apertamente criticato si sono scelti un lavoro difficilissimo. Sempre che sia un'attenuante.

Iniziamo dunque a sconfinare qua e là dal campo scientifico, cercando di non perderci, arrivando ad un altro problema del giornalismo: le fonti. Il lettore medio certo le fonti non le controlla, ma non solo: non gli interessano davvero. In fondo perché un giornalista dovrebbe mai mentire (ma anche solo sbagliarsi)? Basta che quella persona sia credibile o dica le cose in maniera credibile e si è disposti ad accettare anche la notizia più improbabile. Alché arriva il rompipalle di turno che chiede quale sia la fonte di una deteriminata notizia ed il giornalista, messo alle strette, magari se ne esce con la fonte. Si passa dunque al livello successivo: se mi dice la fonte io ci credo, mai e poi mai andrò a controllare, perché non ho il tempo, le capacità, la voglia, ma ci credo. Questo, nel giornalismo scientifico, si traduce nel meccanismo più subdolo che si possa trovare: ti dico dei numeri, ti faccio intuire dei conti. Improvvisamente dire una serie di numeri, per altro campati per aria (ho deciso che quando in un articolo divulgativo si va oltre la prima cifra dopo la virgola si sta in realtà costruendo una palese supercazzola), rende vero, affidabile ed inattacabile anche la peggior menzogna. Chi legge è convinto che coi numeri non si possa certo barare, ma è anche convinto di non essere in grado di verificare ed addentrarsi nel ragionamento, per cui si fida. In questo modo chi scrive non solo fa credere la sua tesi alla gente, ma fa credere ai lettori di essere persone attente, con occhio critico. No, rimanete dei pecoroni, semplicemente credete a un altro predicatore con la stessa cieca devozione che avevate nel credere al predicatore precedente, più cialtrone di questo. Si, grillino (in senso ampio) medio, parlo con te. In altri campi del giornalismo, come il giornalismo giudiziario, il meccanismo può essere lo stesso, citare una fonte che tanto non ritrovi, perché figurati se da casa puoi controllare se quell'ordinanza citata dice proprio quello, ti fidi. In questo caso la domanda che mi sorge è: citi un documento ufficiale (e pubblico) che hai sicuramente tra le mani per citarlo, siamo nell'epoca di internet, perché non lo metti online così uno che legge il tuo articolo può vederlo?

Insomma se vuoi far passare la rete come il luogo dove, se dici falsità, vieni smentito in tempo reale, devi rendere le tue argomentazione solide e ben documentate, con documenti accessibili anche al lettore. Altrimenti stai solo facendo credere alla gente di essere furba ed attenta, portandola a credere a qualunque cosa perché la dice internet e credo di non essere l'unico a percepire la pericolosità tale azione. Mi fermo qui, che son già stato abbastanza confusionale per un singolo post, prima di scivolare in discorsi su come in Italia un approccio critico non solo non viene incoraggiato, ma osteggiato dalla maggioranza. O di come, per cultura, la scienza sia una cosa per pochi eletti, geni che riescono a capirla, che sono portati per la materia, mentre io, persona comune, non sono abbastanza bravo o, peggio, non vedo perché dovrebbe interessarmi. O di come, in ambito scietifico, le cose non funzionano come in televisione, hanno bisogno di tempo, che sia un giorno o un secolo, per essere controllate e mai, dico mai e questa è una certezza, saranno giuste.

Giusto per aver ragione...  
9.387453 TeV per cavalli vapore.
Credo sia colpa delle scie chimiche che produce Haarp, contribuendo al buco nero che han creato 4 anni fa al CERN di ginevra.
Protoni.
Svolta epocale.
Gravità quantizzata.
Supernova.
Responsabilità civile per i fisici.
Neutrino.