venerdì 1 giugno 2012

Di giornalismo, scienza e cialtroni

Comincerò il mese di giugno con il piglio giusto e dunque con il primo post del mese. L'idea mi è venuta ieri sera, tornando a casa tardi, dopo una lunga discussione in merito. L'ora tarda ha fatto si che questa mattinata non fosse adatta allo studio e dunque, in questo luogo di scienza, è di scienza che proverò a parlare, provando a mettere in ordine i discorsi di ieri. In particolare, come avrai capito, mio attento ed affezionatissimo lettore, mi voglio concentrare sull'approccio alla scienza che ha il giornalismo, avendo a disposizione come unico dato quello che avviene in Italia. In realtà coltivo la segreta speranza che questa cosa avvenga solo qui, per l'umanità tutta.

Se bisogna fare una prima considerazione, brutale e categorica come piace a noi, è che in Italia il giornalista medio che si occupa di scienza (una media da intendersi come il giornalista che generalmente raggiunge il grande pubblico) è un cialtrone di proporzioni bibliche. E mi limito a cialtrone solo perché non voglio procedere con l'ovvia rima che ne seguirebbe.
Ora, non sarei nemmanco in grado di dirvi qualche nome o cosa hanno studiato questi fini scaricatori di porto del rigore scientifico, più che altro perché mi impongo di non leggere mai l'autore di un articolo prima di averlo letto e se tale opera è una cagata pazzesca di certo non mi metto a fare le pulci allo sventurato di turno. Mi interessa di più cosa scrive una persona, non chi la scrive, anche agli idioti capita di scrivere cose sensate e queste virtuali pagine, in pochi, isolati ma grintosi, passaggi, sono una decisa dimostrazione di questo concetto. Se mi ricordassi chi è l'autore so già che difficilmente leggerei con il dovuto distacco ogni suo successivo lavoro.

Ci sono notevoli punti critici da affrontare per scrivere su un giornale non specialistico (dunque per un pubblico al più interessato, ma certamente non esperto). Una buona divulgazione scientifica richiede una comprensione della materia profonda quanto quella dello scienziato che ha effettuato, ad esempio, la ricerca di cui si vuole parlare perché solo così se ne può cogliere a fondo la bellezza, il messaggio. In caso contrario vorrebbe dire mettersi a ricamare intorno ad un piccolo frammento di frase sentito su una metropolitana.
Mentre si era sulla banchina ad attendere quella successiva.
Su un altro binario. 
Il secondo punto critico riguarda l'aspetto puramente comunicativo, ovvero: come spiego all'uomo della strada un concetto che mi ha impegnato anni di studi prima di capirlo a fondo? Perché a rendere rozzamente semplici le cose son buoni tutti, ma si deve comunque rimanere fedeli il più possibile al rigore scientifico che ci sta dietro. Questo per dire che i cialtroni che ho così apertamente criticato si sono scelti un lavoro difficilissimo. Sempre che sia un'attenuante.

Iniziamo dunque a sconfinare qua e là dal campo scientifico, cercando di non perderci, arrivando ad un altro problema del giornalismo: le fonti. Il lettore medio certo le fonti non le controlla, ma non solo: non gli interessano davvero. In fondo perché un giornalista dovrebbe mai mentire (ma anche solo sbagliarsi)? Basta che quella persona sia credibile o dica le cose in maniera credibile e si è disposti ad accettare anche la notizia più improbabile. Alché arriva il rompipalle di turno che chiede quale sia la fonte di una deteriminata notizia ed il giornalista, messo alle strette, magari se ne esce con la fonte. Si passa dunque al livello successivo: se mi dice la fonte io ci credo, mai e poi mai andrò a controllare, perché non ho il tempo, le capacità, la voglia, ma ci credo. Questo, nel giornalismo scientifico, si traduce nel meccanismo più subdolo che si possa trovare: ti dico dei numeri, ti faccio intuire dei conti. Improvvisamente dire una serie di numeri, per altro campati per aria (ho deciso che quando in un articolo divulgativo si va oltre la prima cifra dopo la virgola si sta in realtà costruendo una palese supercazzola), rende vero, affidabile ed inattacabile anche la peggior menzogna. Chi legge è convinto che coi numeri non si possa certo barare, ma è anche convinto di non essere in grado di verificare ed addentrarsi nel ragionamento, per cui si fida. In questo modo chi scrive non solo fa credere la sua tesi alla gente, ma fa credere ai lettori di essere persone attente, con occhio critico. No, rimanete dei pecoroni, semplicemente credete a un altro predicatore con la stessa cieca devozione che avevate nel credere al predicatore precedente, più cialtrone di questo. Si, grillino (in senso ampio) medio, parlo con te. In altri campi del giornalismo, come il giornalismo giudiziario, il meccanismo può essere lo stesso, citare una fonte che tanto non ritrovi, perché figurati se da casa puoi controllare se quell'ordinanza citata dice proprio quello, ti fidi. In questo caso la domanda che mi sorge è: citi un documento ufficiale (e pubblico) che hai sicuramente tra le mani per citarlo, siamo nell'epoca di internet, perché non lo metti online così uno che legge il tuo articolo può vederlo?

Insomma se vuoi far passare la rete come il luogo dove, se dici falsità, vieni smentito in tempo reale, devi rendere le tue argomentazione solide e ben documentate, con documenti accessibili anche al lettore. Altrimenti stai solo facendo credere alla gente di essere furba ed attenta, portandola a credere a qualunque cosa perché la dice internet e credo di non essere l'unico a percepire la pericolosità tale azione. Mi fermo qui, che son già stato abbastanza confusionale per un singolo post, prima di scivolare in discorsi su come in Italia un approccio critico non solo non viene incoraggiato, ma osteggiato dalla maggioranza. O di come, per cultura, la scienza sia una cosa per pochi eletti, geni che riescono a capirla, che sono portati per la materia, mentre io, persona comune, non sono abbastanza bravo o, peggio, non vedo perché dovrebbe interessarmi. O di come, in ambito scietifico, le cose non funzionano come in televisione, hanno bisogno di tempo, che sia un giorno o un secolo, per essere controllate e mai, dico mai e questa è una certezza, saranno giuste.

Giusto per aver ragione...  
9.387453 TeV per cavalli vapore.
Credo sia colpa delle scie chimiche che produce Haarp, contribuendo al buco nero che han creato 4 anni fa al CERN di ginevra.
Protoni.
Svolta epocale.
Gravità quantizzata.
Supernova.
Responsabilità civile per i fisici.
Neutrino.

1 commento:

  1. Fare buona divulgazione è maledettamente difficile, in effetti.
    E poi c'è il problema dei numeri e dell'effetto che hanno sulle persone.
    Brutta, brutta faccenda!

    Ma noi sappiamo bene qual è la prima causa di morte al mondo...

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