martedì 20 novembre 2012

Lettera da un fronte

Oggi a scuola non ci vado. Non che di solito ci vada tanto spesso, le strade non sono sicure, la scuola non è sicura. In questi giorni non ci va nessuno, raid israeliano, così si chiama il motivo per cui non ci vado. È quella giustificazione che ogni tanto si presenta, praticamente, da quando sono nato. La stessa che si presentava anche per mio fratello maggiore, finché non è morto.
Si sta nascosti nei buchi, mia madre ed io, fuori cadono le bombe intelligenti, così intelligenti da colpire sempre dove fa più male. Lo sa bene la mamma di Yasser, il mio amico di sempre che si chiamava così perché era nato il giorno in cui è morto quel Yasser più famoso, suo padre scelse quel nome per tenere viva la speranza che quel Yasser più famoso rappresentava per tutti. Yasser era semplicemente in casa sua, con le sue sorelle. Una bomba ha risparmiato solo sua madre, ora è qui con noi, in questo buco nella terra, non fa altro che singhiozzare.
Autodifesa la chiamano, questo è il motivo per tante bombe di fila. Basta un razzo, di quelli che di solito si fabbricano nei cortili con qualche tubo di metallo, e loro partono, a centinaia, intelligenti. Si autodifendono, dicono, eppure quelli sulla terra che non gli appartiene sono loro, noi siamo quelli che resistono, quelli che vogliono schiacciare, cancellare dal pianeta.
Mi affaccio all'ingresso del nostro buco, ogni tanto il sole mi manca, è un sole che filtra dalla polvere delle macerie di quelle che erano le nostre case, le nostre scuole. Sotto quelle macerie ci sono amici, parenti, il vicino di casa, il maestro di scuola.

Io li odio. La terra era nostra e ci fanno passare per dei mostri, quando i mostri sono loro, uccidono i miei amici, mio fratello, mia sorella, mio padre. Quando sarò più grande li combatterò, li odio e li voglio scacciare dalla mia terra.

La vedo, laggù, la bomba è partita, un missile luccicante con la sua scia di fumo.

Viene verso di noi, verso il nostro buco. Chissà perché, noi non abbiamo mai fatto niente, non ancora per lo meno, ma possibile che si vogliano difendere da un odio che loro hanno generato e che io non ho ancora espresso?

La bomba è tanto forte da ridurci tutti in piccole parti, loro manco lo sapranno dov'è finita, ben nascosti dietro al loro muro bianco. Si sono autodifesi dal mio odio, è colpa mia. Non ho mai lanciato nemmeno un sasso, ma è colpa mia. Avrei voluto imparare a contare bene, prima di morire, mia madre mi diceva che era importante, che mio padre era morto perché non aveva imparato. Che sia quello il problema?

Hanno spento il mio odio, soffocandolo sotto le macerie del nostro buco, ma da domani tutti vedranno chi hanno ucciso, ben nascosti dietro il loro muro, ed il loro odio aumenterà ed altre bombe cadranno, a polverizzare altre vite.

Rimane la nostra terra, questa.