martedì 27 agosto 2013

Notturno

A volte mi chiedo da dove venga il vento. Poi me lo ricordo e tutta la poesia sparisce, o meglio: muta. Passo a ragionare a come ci si possa sentire in quell'unico punto del pianeta dove il vento non c'è, è nullo. Perché so che esiste, in ogni istante, un punto senza vento ed è pure ragionevole pensare che non sia mai lo stesso, per lo meno in intervalli di tempo non troppo lunghi. Ma allora che si prova a veder quel punto, privo di forze, spostarsi? Che rumore farà? Probabilmente quello del vento, ma cosa cambierebbe? Sarei in grado di riconoscere il momento in cui quel punto passerà sopra di me? Saprei dire quanto è probabile che questo accada almeno una volta a generazione? Probabilmente più di quanto possa supporre. Sarei davvero in grado di riconoscere il momento in cui tutta l'aria del mondo mi viene incontro (o scappa via) in ogni direzione? Certo, domande irrilevanti, ma in fondo odio non essere a dimensione nulla per questo, perché a quel punto non sarebbero più irrilevanti, perché quell'anarchico punto senza vento del pianeta, solitario ed ostinato, sarei potuto essere io.

La serata è fresca dopo l'uragano, rende più piacevole incendiare il tabacco, fa formare nuvole più chiare ed ampie. Sarà un inferno apatico, sto posto dico, ma dopo una certa ora, se riesci ad ignorare le strutture umane, regala solo suoni da natura incontaminata: qualche goccia riecheggia nel parcheggio dopo aver piegato una foglia, altre si spengono silenziose nei prati. Qualche pipistrello ricomincia il suo lavoro di sentinella contro le zanzare, almeno credo, sono silenziosi, ma le ali nervose non passano mai inosservate. Prendo il violino. Ho sotto di me pochi metri, ma abbastanza per farmi male se sbaglio qualcosa. Solitamente sto ben aggrappato, lasciando le gambe penzolare, ma ho il violino, mi dovrò affidare all'equilibrio.

Riempio il silenzio con note basse, vibrano tra i palazzi, si smorzano tra le foglie e si perdono verso la provinciale illuminata. Chissà se è davvero una provinciale poi, ma che importa ormai. Alzo le frequenze, la velocità, l'intensità, sovrasto tutto, le dita scorrono veloci, saltellano da una corda all'altra, imitano le ali di quel pipistrello, è una gara. Nessuno sta sentendo, nessuno ascolta mai, nessuno si rammaricherà di qualche nota presa con troppa leggerezza. Il vento asseconda le frequenze, le porta lontano, le distorce, gli alberi si piegano sotto le note, qualche goccia comincia a scivolare dal tetto.

Tuono. Senza lampo.

Si scatena di nuovo, con rabbia crescente, arriva da dietro la casa: sono al sicuro da tutto. Vedo bordate d'acqua sfrecciare ai miei lati, quasi orizzontali. Gli alberi sbattono contro le pareti come a volersi vendicare dello spazio rubato, secondo me l'ululare del vento è un FA. Loro sbattono, a tempo, è un 12/8, il tempo giusto! L'orchestra di fiati ce l'ho, le percussioni pure, è il mio momento. 27 note, una in fila all'altra, ripetute, addomesticate, decorate, ma sempre quelle 27. Si, funziona, nessuno sta ascoltando e tutto sta funzionando, anche se manca qualcosa.

Il vento gira, devo saltare, possibilmente dentro, potrei anche metterle su un pentagramma. Ecco si, se solo trovassi anche la matita...

Lampo. Senza tuono.

Il vento è fuggito lasciando solo della bagnata frescura. Finisco la sigaretta, come brucia bene. Attimi persi, come la volta che sono stato nel punto senza vento, svaniti come le 27 note e le successive mancanti.

Pettinare palle pelose.

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