venerdì 23 agosto 2013

Raddrizzare la rotta

Non troppo tempo fa scrivevo di aridità e mi ripromettevo di parlarvi di ciò che probabilmente l'aveva causata: il mio lavoro da stagista. Vi dirò, l'esperienza è stata tanto svilente, tanto frustrante, che anche solo l'idea di spendere parole su parole di quanto sia malato un sistema che ritiene fortunato (perché alle volte questo mi hanno detto, che ero anche fortunato) uno che percepisce un euro e quaranta l'ora per otto ore al giorno, mi ributta in un mood depressivo da rendere necessaria una pausa prima di continuare a scrivere questo post. È un'esperienza finita, che farò di tutto per non dimenticare così che non capiti mai più. Tipo il fascismo.

Quindi ho pensato che il modo migliore per allontanarla potrebbe essere parlare di quell'unica cosa che faccio con costanza più o meno manifesta da 12 anni: la fisica. Forse ci potrei mettere giorni a scrivere questo post, forse lo spezzetterò pure, ma è un post di dialogo verso quel fisico che ho perso per strada nei mesi successivi alla laurea e verrà pubblicato senza mai venir corretto. È forse il post più difficile che potessi cominciare e sapere che verrà letto per lo più da fisici (salvo strani flussi di visita) mi mette anche una qual certa ansia da prestazione, anche un po' di timidezza perché alle volte chiedere ad un fisico di parlare di fisica può essere il modo più violento di metterlo a nudo. E allora violenza sia, sto per iniziare (2 settimane) un percorso che vorrei mi portasse a fare quello nella vita, questo potrebbe essere un modo per ricordarmi com'ero quando ho iniziato.

Ho cominciato a far fisica, intesa come passione prima ancora che come percorso universitario, perché ho avuto al liceo un professore che sapeva trasmettere quella passione. Un passione che invidiavo, che volevo mia. Così mi sono avvicinato, piano piano, con scivoloni anche evidenti ma senza mai avere dubbi, a questo mondo di equazioni, di cose oscillanti, di ricerca dell'eleganza. Perché una cosa che si impara ben presto, ma non si finisce mai di apprezzare fino in fondo (non ancora per lo meno), è questa tendenza che sembra avere la natura nel rendersi più semplice man mano che si allarga l'orizzonte dei fenomeni che analizziamo. La selva di equazioni si riduce ben presto a pochi principi, da cui tutto deriva seguendo linee logiche, sollevandomi dall'onere di dover ricordare a memoria quell'infinità di leggi che uno può trovare ad un primo studio. Anche questo è eleganza. Certo, alle volte ti tocca dover affrontare pagine e pagine di sudore e fatica per ottenere un risultato, ma è anche vero che un po' per pigrizia, un po' per, appunto, eleganza della natura, capita spesso che il lavoro noioso vada fatto una sola volta nella vita. Sono i famosi conti che danno risultati ultra noti, ma che bisogna fare almeno una volta nella vita per vedere veramente in prima persona dove l'eleganza e la simmetria ci semplificano la vita e in un certo senso determinano la natura.

La fisica per me è stata anche il mezzo che mi ha permesso di lasciare il nido, di cominciare un periodo della mia vita in cui posso vivere con le mie sole forze, andarmene di casa, andarmene dall'Italia e iniziare a vedere il mondo un po' meglio di come lo vede un turista. Perché c'è anche quello, oltre al perpetuo interrogarsi su cosa faccia muovere le cose, ogni pagina scarabocchiata è servita anche a diventare più indipendente, libero e, visto come gira il mondo della ricerca, condannato a cambiare dai 3 ai 5 Stati nei prossimi 15 anni.

Arte dell'approssimazione, tutto è un'approssimazione di qualcosa di più raffinato, ogni equazione, ogni soluzione, ha un intervallo di validità, un limite a cui tendere, dei termini da ignorare perché le cose non si complichino troppo. Potrebbe così sembrare un gioco quasi filosofico, ma è qui che avviene il miracolo (che poi di sovrannaturale non ha niente): funziona, nel suo non funzionare mai, funziona. Ecco, aggiro il mal di testa che potrebbe venire ragionando troppo su questo pensando che in questo ci sia tutta la bellezza e ci ricorda qualcosa di molto importante: la vita di tutti i giorni è governata da leggi fisiche che non sono che una flebile ombra di qualcosa di più grande, semplice ed elegante, qualcosa che piano piano si cerca di smascherare, ma che per definizione ci rifugge. Ebbene, questo ci ricorda in ogni momento quanto siamo insignificanti, quanto piccolo sia il nostro spazio nell'universo e, per quanto mi riguarda, anche quante volte diamo troppa importanza a ciò che accade.

È anche frustrante, ah se lo è. Trovarsi davanti a lavori altrui dopo anni (non tanti, ma comunque anni) che si fa quello, che si prendono briciole di comprensione dal duro lavoro e non capire, non sapere da che parte cominciare. Rifare gli stessi conti ancora ed ancora senza trovare l'errore, ribaltare il problema, mettere in dubbio ogni cosa. Non è facile, è la parte demotivante, ma in un certo senso anche quello che mi ha fatto crescere di più. Saper che un lavoro possa finire nel nulla non è certo il miglior incentivo, non per me per lo meno, ma saperlo accettare è ciò che ti rende in un certo senso senza paura, ti insegna a metterti in gioco, a metterti in discussione. Spaventa, questo è vero, mi sento spesso come se da un momento all'altro saltasse fuori qualcosa che possa dimostrare inequivocabilmente che la strada che ho preso non è quella giusta, che avrei dovuto fare altro.

Già, fare altro, ma cosa? Sono un fisico, mi sento un fisico, voglio sentirmi un fisico e non saranno certo dei titoli accademici a darmi sicurezza e no, probabilmente non ho un piano B. Spero solo che le varie lezioni che ho imparato, il metodo di lavoro, lo spirito di sacrificio, possano poi tornarmi utili qualunque sia questo piano B. Ma visto che per il prossimo futuro il piano A sta reggendo, meglio spendere qualche parola in più (e magari anche qualche frase fatta in meno, visto quel che ho scritto fin qui).

Mi troverò a lavorare per i prossimi 4 anni in un gruppo di ricerca che vuole trovare un modo di quantizzare la gravità. Mi spiego meglio, si vuole trovare una descrizione dell'interazione gravitazionale che preveda che questa sia trasportata da particelle (i gravitoni) in maniera discreta, non continua (vogliano perdonarmi tutti i fisici alla lettura). Perché dovremmo voler fare questo? Perché per le altre 3 interazioni fondamentali (elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole) questa descrizione sembra essere la più adatta per i fenomeni che possiamo osservare ed è brutto che la gravità si comporti in maniera differente. L'uomo della strada potrebbe anche chiedersi che gliene frega a lui di tutto ciò e probabilmente per il prossimo secolo potrebbe anche avere buone ragioni per chiederselo. Bisogna però ricordare che il Novecento è stato un secolo di sviluppo tecnologico pazzesco anche (e volendo potremmo dire soprattutto) perché si è riusciti a comprendere più a fondo i meccanismi che governano la natura da un punto di vista sempre più elementare. Questa comprensione sempre più profonda ha successivamente portato a grandi idee che col tempo ci hanno permesso di mandare messaggi in ogni pare del mondo accarezzando un telefono grande come il palmo della nostra mano (tanto per dirne una). Ebbene, provate a pensare che gigantesca distesa di possibilità si potrebbe aprire davanti a noi se potessimo sfruttare un'altra interazione (quella mancante per quanto ne sappiamo) che coinvolge qualunque corpo dotato di massa e che avviene in maniera del tutto spontanea. Non ci si riuscirà certo nei 4 anni di cui sopra, ma è stimolante sapermi parte, per quanto ultima ruota del carro, di una ricerca che va avanti frenetica da decenni.

Come dicevo, ho un po' perso per strada il fisico che mi sentivo di essere, forse è solo stanchezza, forse è mancanza di stimoli non avendo nemmeno incominciato, però ora mi accorgo di non aver messo in questo post nemmeno un decimo del fuoco che mi brucia dentro, nemmeno un decimo di quella passione che sento. Credo anche di sapere il motivo, che poi non è altro che la spiegazione dell'espressione perso per strada. È tanto che non mi sposto da un posto ad un altro con un foglio spiegazzato ed una penna in tasca, è tanto che non fisso il vuoto, è tanto che non mi dimentico di pranzare perché sto finendo qualcosa, è tanto che non rinuncio ad un numero eccessivo di ore di sonno per approfondire quel qualcosa, è tanto che non vado a letto così concentrato su un argomento da continuare a elaborare nel sonno, è tanto che non mi sveglio di colpo per scrivere un'intuizione nitidissima che mi è venuta dormendo, è tanto che non mi sveglio la mattina dopo e mi accorgo che, come al solito, non ho risolto il problema dormendo, è tanto che non provo a riaddormentarmi che magari funziona, è tanto che non esco con gli amici e mi trovo senza nulla da dire perché mi vengono solo discorsi su, chessò, la teoria delle stringhe (badate bene, non sto dicendo che ora ho qualcosa da dire, semplicemente non posso guadagnare tempo raccontando loro cose che non sanno). Ecco, forse per un post che nelle intenzioni volesse spiegare la passione avrei dovuto cominciare elencando queste azioni, così naturali e spontanee, ora passeranno queste due settimane di riscaldamento, a casa, coi miei libri ed i miei appunti, sperando che gli ingranaggi tornino a girare in fretta, perché inizio a star male a non essere più un fisico.

Che poi è la miglior sintesi di tanti concetti tipo la passione, il non aver un piano B e tutte ste menate che vi ho proposto in questo giorno di agosto.

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