martedì 29 ottobre 2013

Notturno - Groningen

E pensare che non volevo scrivere, ma il vento odierno ha un po' spazzato via la mia volontà di lavorare, coi suoi 120 e più km/h. Mi sto letteralmente drogando da due giorni con Rock'N'Roll Animal, perché quel maledetto, quello che sentivo la domenica, ogni domenica, come la messa, ha pensato bene di morire, di domenica. Ecco, ci ho sempre un rapporto maniacale con la musica (intera discografia ascoltata in ordine cronologico o morte), ma non per Lou Reed, per lui no, c'è sempre stato Rock'N'Roll Animal, troppo per rischiare di rovinarlo, e poche altre sporadiche canzoni. Un po' come, quattordicenne, ti innamori delle tette di una ragazza. Ecco, Lou Reed ha sempre avuto quel fascino troppo profondo per mettermi ad assorbirlo come solitamente tento di fare, troppo oscuro per buttarmici davvero senza pensarci. Quindi niente, è rimasto quell'amore superficiale ma non meno sincero che in fondo appartiene al passato di ognuno di noi, spero. Che poi, intendiamoci, è amore superficiale perché ho sentito solo 15 album. Si prova la stessa sensazione per John Lee Hooker. O per Frank Zappa.

Anche i Doors han fatto quella fine lì nella mia vita musicale.

Che poi è un peccato, perché ora non c'è più il tempo di mettersi a studiare come una volta, perché in fondo c'è tutta una musica del divenire che sta acquisendo un suo perché.

Oggi tirava vento, ma robe da pazzi, emergenza vera, mi ha piegato un pezzo di bici, mi ha tirato un ramo (piccolo, ma si sa che son na checca) tra capo e collo mentre tentavo invano di decidere che cuffie comprarmi tanto per viziarmi un po' con un oggetto di cui al momento non ho bisogno.

Non so esattamente cosa ci si debba aspettare da un blog, in fondo stiamo tutti lì, a migliaia, perfino milioni, a batter tasti nelle nostre oscure camerette, impegolandoci tutti in discorsi tendenzialmente più grandi di noi sulla vita, l'universo, l'amore, il sesso, al solo scopo di far passare a te, lettore capace di una sola espressione facciale, qualche minuto di vaga ispirazione, più naturale espressione di un narcisismo mal celato e talmente ridondante da rendere una qualunque critica allo stesso di una sterile incoerenza e pomposità seconda solo alla scelta dei vocaboli di questa frase.

La verità è che non volevo scrivere, nella vita pure, volevo la calda coperta bagnata di chi non scrive, volevo non avere un pubblico. E invece anche solo un lettore fisso esiste e mi preme fargli vedere quanto si possa andare lontano insieme lasciando correre le dita, in questi post che mi piace chiamare notturni, come se scrivessi in altri momenti della giornata poi. La notte è il mio regno, è il nostro regno, nella notte mai ci vediamo e sempre ci leggiamo, nella notte beviamo, nella notte fumiamo alle finestre, nella notte ci sappiamo spogliare di inutili corazze e scaraventarci addosso il fabio volo represso dentro di noi. La notte è la dama delle frasi facilmente costruibili.

La notte ci si accorge che ci si sta mettendo troppo dentro le parole, che in fondo si rasenta la pornografia, la notte rende legittima la pornografia.

La notte. Una notte. Solo una. Di nuovo.

I punti a caso.

Parigi.




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